Letizia Renzini
Tired Don Giovanni
· Residenza ·
PARC ospita in residenza Letizia Renzini, impegnata in un nuovo progetto su Don Giovanni che riflette, indaga e si vuole confrontare – attraverso un grande classico della cultura e dell’arte – con il concetto di “ stanchezza” del nostro mondo contemporaneo e della nostra società patriarcale alle prese con la sua stessa fine o con la paura della propria stessa fine (proprio come Don Giovanni alla fine dell’Opera). Cambiamenti climatici, guerre, pandemie, i grandi eventi globali che caratterizzano il mondo contemporaneo, sono figli della nostra evoluzione binaria e delle logiche di contrapposizione che ci governano, intimamente e politicamente.
Don Giovanni è una figura archetipica della letteratura che fa parte dell’inconscio culturale collettivo, ma è certo che l’opera “Don Giovanni” di Mozart – Da Ponte sia la vetta indiscussa e in un certo senso quintessenziale del mito che il personaggio Don Giovanni rappresenta ed evoca perfino negli usi e costumi e nel linguaggio comune della vita di tutti. Il motivo, oltre alla grande qualità dell’opera in sé, risiede nell’argomento, ovvero la trattazione lucida e modernamente atemporale (tragedia, ironia e psicanalisi) di un tema senza tempo tanto concreto quanto filosofico e fondante la nostra società: l’amore e il potere.
Quello che costituisce il punto di partenza per questo lavoro, è la pressoché unanime ostinazione (che prosegue nei secoli e ha illustri paladini, da Puškin a Kierkegaard, da Camus a G.B. Shaw ) nel considerare Don Giovanni il paladino della libertà e dell’impulso vitale, dispensatore di energetici stimoli, generoso e inesauribile distributore di piacere e aristocratico bon vivant, evitando di confrontarsi con l’ambiguità profonda che invece accolgono Mozart e Da Ponte nella loro densissima scrittura. Con le sue arie veloci, con il confronto musicale constante con il servo, con il commendatore alle calcagna e le donne che lo vogliono punire e possedere, Don Giovanni è in realtà più corrispondente all’uomo contemporaneo, costantemente in burn-out, che agisce ormai in un vuoto e stancante automatismo, che risponde alle proprie pulsioni mortali credendole vitali, ormai sopraffatto dagli eventi, dall’etichetta, dalla società patriarcale in cui è immerso che prima gli chiede di essere performante e dopo lo uccide.
Con questo lavoro Letizia Renzini intende continuare il processo di destrutturazione ed espansione delle forme classiche del teatro musicale, del dramma in musica e dell’Opera classica in un’ottica molteplice e contemporanea, in cui i linguaggi artistici si combinano in nuove interpretazioni e il materiale di origine si espande in forme ibride, sperimentali, espanse, contemporanee.
Letizia Renzini è un’artista multidisciplinare che vive a Firenze. Viaggia regolarmente in tutta Europa e oltre, riunendo, creando, dirigendo ed esibendo i suoi mixed media. Con una formazione in musica, studi cinematografici e arti, possiede quindi le competenze necessarie per il suo Gesamtkunstwerk o “opera totale”. Totale perché il suo lavoro è contemporaneo ma abbraccia millenni. Totale perché lavora con il suono, l’immagine, la parola scritta, il gesto, le arti performative, combinando il digitale con l’analogico e coinvolgendo il pubblico in un’esperienza immersiva ma critica.
foto: Ilaria Costanzo, da Decameron 2.0